Pavia per caso

Io e Lucia siamo amiche da molto tempo e oramai anche compagne di merende, di mostre di pittura e di Francia.  Un’ amica preziosa conosciuta al banco della mia agenzia di viaggi ad Arenzano. Si parlava di alberghi di charme, di biglietti aerei urgentissimi, del magnifico mare dell’Elba, ma anche di libri, di arte e di mondo.

Da cliente, chiacchiera dopo chiacchiera, è diventata una cara amica, mia e della mia famiglia.

Vi racconto di una gita fuori porta fatta insieme e di come per caso,  ho scoperto Pavia, città molto interessante non solo per le sue eccellenze mediche e universitarie.

Avamposto milanese della Bassa Pianura Padana, là dove la nebbia esiste ancora, Pavia è una città elegante, molto verde e con un centro storico fatto di pura bellezza. Nonostante le tante visite, ancora oggi mi  offre scorci sempre nuovi.

Passeggiare senza fretta per le sue vie lastricate, infonde un senso di benessere, di calore e di accoglienza genuina che dura tutto il giorno.

La stagioni migliori per visitarla penso siano la primavera, quando le lunghe giornate regalano infuocati tramonti tardivi e l’autunno con quel crepuscolo così impaziente di far risaltare i contorni dei vecchi palazzi! Entrambe le situazioni creano comunque lo scenario perfetto.

La scoperta di questa bella città nasce casualmente dall’idea di una mostra dei Macchiaioli alle Scuderie del Castello Visconteo, posto di per sé già molto attraente. Decidiamo la data e partiamo di buon’ora vestite da città, indossando per l’occasione anche il nostro sorriso migliore.

Una volta arrivate, parcheggiamo sul lungo Ticino,  casualmente partiamo dal punto più pittoresco. 

E’ un sabato mattina del mese di ottobre, la giornata autunnale ci regala un’atmosfera languida e la possibilità di sfoggiare il primo cappottino.  Il meteo promette pioggerellina e un’ impalpabile foschia: una combinazione perfetta che farà brillare i tetti e ne sfumerà i contorni.

Sono nata in ottobre, adoro questa stagione!

E adoro anche le coloratissime casette che qui a Borgo Ticino sono disposte vicine l’una all’altra come perline sul filo. Impossibile non rimanere incantanti da questo piccolo mazzo di case che rivolge il suo sguardo al fiume.

Quel “fiume azzurro” che da sempre è lì, instancabile e pensieroso.  Se le sue acque potessero parlare, racconterebbero di guerre e di battaglie d’altri tempi. Oggi, quelle stesse acque fortunatamente si godono la pace, interrotta tutt’ al più dai cerchi disegnati dai remi di giovani canottieri.

Sopra il fiume si erge maestoso il Ponte Coperto che è un po’ il simbolo di Pavia. Bellissimo esempio di architettura urbana, sorge oggi sulle spoglie delle costruzioni precedenti che per motivi storici e bellici sono andate distrutte.

Originariamente formato da sette arcate (nella versione attuale ne ha perse due per strada) resta pur sempre “Il bel ponte” come lo definì Albert Einstein che durante l’adolescenza abitò proprio a Pavia e di cui conservava questo caro ricordo.  Una targa commemorativa esposta a metà del Ponte lo onora ricambiando tutto l’affetto dedicato a questa città.

Per pranzo scegliamo un ristorante storico che nonostante gli anni non ha mai perso lo smalto. Timidamente nascosto dentro ad una piccola corte e indicato da un’insegna in latta dipinta a mano, l’ Antica Osteria del Previ lo consiglio caldamente.

Al di là della piccola porta anch’essa datata, si è accolti da un delicato profumo di cibo buono che aleggia leggero e invitante come quello che, alla domenica, scappava dalla cucina delle nonne.

Nella saletta che indica il gentilissimo “patron” ci attende  un tavolo vicino al caminetto. Sullo sfondo le tende ricamate rifiniscono delle piccole finestre. L’insieme è gradevole dal sapore quasi anglosassone, mi ricorda il cottage di Miss Marple.

Il menu promette bene e le portate mantengono le aspettative.  Salumi d’oca con la giardiniera fatta in casa, un memorabile risotto alle pere e passito e il superlativo semifreddo di castagne con salsa di cachi, già piazzato fra i dolci più buoni di sempre.  

Beviamo un ottimo vino rosso dell’Oltrepò Pavese, un paio di bottiglie le portiamo via come souvenir. Una sincera stretta di mano e usciamo all’aperto per non cedere all’abbiocco postprandiale (che a dire il vero, ci starebbe proprio bene).

La visita alla mostra nel Castello sarà nel pomeriggio e per arrivare a destinazione bisogna camminare un po’. Attraversiamo il Ponte fotografando dalle sue “finestre” il paesaggio intorno che viene così magnificamente incorniciato. 

Con la lentezza di chi porta sulle spalle uno zainetto di pietre, arriviamo finalmente davanti all’Università che è bella e solenne. Entriamo.

Fondata nel 1316 è l’Ateneo più antico della Lombardia e fra le più antiche al mondo. Nel suo chiostro un mare di biciclette e le statue di personaggi famosi come Alessandro Volta e Ugo Foscolo. Passeggiando fra le silenziose mura color ocra si riaffaccia alla memoria il piacevole ricordo di quando eravamo studentesse.

Davanti all’edificio, incontriamo il Collegio per gli studenti diligenti e tre belle torri medievali in mattoni rossi che interrompono un orizzonte libero, vivacizzandolo un po’. Dall’altra parte, la storica pasticceria Vigoni che nel 1878 inventò la famosa Torta Paradiso, che buona!

Pochi passi ci dividono finalmente dal Castello Visconteo, raffinata residenza di Corte, costruita da Galeazzo II Visconti nel 1365. Oggi ospita i Musei Civici di Pavia aprendo al pubblico le sue meravigliose sale ricche di fascino. Entriamo per vedere sia la mostra che gli interni.

Finita la parte culturale e a posto con la coscienza, arriva l’ immancabile richiesta della pausa caffè. Chi mi conosce ormai lo sa, il caffè scandisce le mie giornate regalandomi un piccolo piacere che ricompensa la lunga camminata e mi gratifica.

Piazza Vittoria si presta perfettamente a questa mia esigenza. E’ la piazza centrale coi portici, elemento architettonico immancabile in Pianura.

Necessari e rassicuranti in caso di pioggia o semplice luogo ombreggiato per una partita a carte fuori dalla solita osteria, i portici identificano quella parte della città dove le attività di socializzazione sono più che altro delle “buone abitudini” a cui è difficile rinunciare per il maltempo.

Qui la vita all’aria aperta è un retaggio culturale imprescindibile, l’abitudine ancestrale del lavoro nei campi ha reso forti e tenaci gli abitanti di queste zone forgiandone il carattere.

In una città dove per fortuna ancora oggi i tempi sono dilatati,  la compagnia e l’amicizia, a tutte le età, vengono vissute come un fattore essenziale. Le cosiddette città a misura d’uomo lo sono per davvero. Correre dietro all’orologio qui non è fondamentale, per quello ci sono le metropoli.

Scegliamo una caffetteria molto carina e affollata in fondo alla piazza:  la prospettiva è perfetta, un punto di vista privilegiato per ammirare i bei palazzi, il Duomo e lo scorrere dell’umanità intorno a noi.

Diventiamo spettatori involontari di un mondo che sembra la scena di un film.  Studenti che festeggiano teste coronate da alloro e nastri rossi, persone che passeggiano col cane, che pedalano in bicicletta soli, che pedalano col cane nel cestino e tanti nonni che, in questa magnifica piazza,  portano i nipotini a fare la merenda. Se solo sapessi disegnare!

In lontananza, un bel campanile con le tegole che sembrano cambiare umore in base al colore del cielo. Un momento poetico e bellissimo che mi fa assentare per pochi istanti dalla realtà.

Ma si sa,  il tempo corre e a malincuore, dobbiamo rompere l’incantesimo e proseguire il giro.

Andiamo a dare un’occhiata al maestoso Duomo che sta a cavallo tra due vie centrali.  All’imbrunire, l’ingresso principale diventa un luogo di incontro intimo, nonostante il grande spazio che lo circonda. Non è raro vedere universitari seduti sui gradini della chiesa a chiacchierare amabilmente con una birretta in mano.         

Qui, una sentinella d’eccezione sorveglia il via vai: si tratta della imponente ed enigmatica statua equestre del Regisole che con la sua posa plastica e atletica è da sempre oggetto di discussione del popolo colto. Numerose le ipotesi sulla sua raffigurazione, ancora si dibatte per rintracciare in questa statua una certa somiglianza con chissà quale imperatore romano.

Sul perimetro della piazza, eleganti palazzine d’epoca sono  adornate da fiori bianchi alle finestre e travi a vista che si intravvedono dai vetri.

Mi è sempre piaciuto guardare l’interno delle belle case illuminate, mi piace immaginare il colore delle pareti, le famiglie che le abitano e la musica che potranno ascoltare. Pochi attimi rubati alla vita degli altri, senza malizia, solo un tocco di romanticismo e di bellezza.

(Oltre ad essere una “caffettiera” sono anche una che sogna a occhi aperti, ve ne eravate accorti?)

Si è fatta l’ora di rientrare verso il Borgo Ticino, non prima però di aver percorso Corso Garibaldi che da quella volta è diventata la mia strada preferita.

Lungo questa strada pedonale si incontrano negozi ricchi di personalità. Tra uno store contemporaneo e uno vintage, tra il ruvido e lo chic c’è da perderci la testa. Una delle scoperte più interessanti di questa via è il laboratorio di Medicine naturali del dr. Darjazi.

Più che una erboristeria è un arricchimento per lo spirito.

Il  sorriso del dr. Stefano, ci invita ad entrare nella sua bottega colma di profumi e di erbe diverse. E’ un farmacista venuto dalla Persia, che dopo molti anni di sperimentazioni presso l’Università di Pavia ha deciso di mettere in pratica la sua preziosa esperienza.

Un colpo di fulmine.

Ci accomodiamo, nel negozio arredato in modo semplice che improvvisamente diventa un salottino molto confortevole e dopo pochi minuti ci ritroviamo a chiacchierare amabilmente come se fossimo andate a trovare un amico che non vedevamo da tempo, sorseggiando insieme una tisana tiepida. Lucia perfettamente a suo agio, viste le sue frequentazioni famigliari con il Medio Oriente, chiacchiera dopo chiacchiera non si accorge del tempo che passa.

Fuori oramai è buio, la pioggia scende incessante sulle luci dei lampioni che fanno brillare la notte. Usciamo dal negozio senza premura, rigenerate nello spirito e con una buona tisana da portare a casa.

Nel frattempo, le strade si fanno deserte e la foschia ha lasciato spazio alla  nebbia che cala progressiva e silenziosa sulle forme della città. Camminiamo in questa allure gotica, ma noi, che nella piccola bottega profumata abbiamo ritrovato la pace interiore, non ci curiamo di nulla.

Lentamente arriviamo alla macchina. Sì, lentamente, come il mood di questa intera giornata. E poi, quando si sta bene in un posto chi ha voglia di tornare a casa?

Bella Pavia, bella la mostra, bella la nostra giornata fuori casa che è scappata via fra mille distrazioni. Bellissimo il Borgo sul Ticino di giorno e di notte, bella persino la pioggia.

La domanda di rito non può mancare: quando ritorniamo Lulù ? Ovviamente, dopo quella giornata, siamo già ritornate molte volte.

Ogni scusa è buona: un’altra mostra, i nostri compleanni che cadono in autunno, un altro risotto fra amiche o semplicemente una boccata d’aria.

Le città come Pavia che nascono senza il mare, regalano emozioni diverse ma non meno intense. Emozioni legate alle tradizioni tramandate di padre in figlio, all’arte, alla buona cucina.

Bisogna essere curiosi con tutte le città, bisogna osare e farsele amiche. Le città,  piccole o grandi che siano, hanno risorse inesauribili, sono scrigni segreti che custodiscono veri tesori.

Dalle emozioni che regalano le città, si verrà sempre ricompensati. Ognuno troverà quello che cerca o, nei casi più fortunati, amerà ciò che trova.

Viaggiatrice