In questo periodo di forzata inattività, i pensieri mi riportano spesso all’ultima destinazione nella quale ho prestato servizio, e cioè l’isola di Phu Quoc in Vietnam, una meta sulla quale l’industria turistica mondiale ha scommesso in misura massiccia nello scorso decennio.
Oggi quella scommessa la si può ritenere “congelata”, in attesa che ritorni ad essere “vincente” una volta che verrà superata l’emergenza dovuta alla pandemia.
Una delle spiagge più belle dell’isola si trova nella sua estremità sudorientale, e si chiama Bai Tam Khem (Khem Beach). Talmente bella che il management del Gruppo Marriott International ne ha saputo cogliere il fascino e le potenzialità, ed a fronte di un colossale investimento vi ha impiantato il primo resort extra-lusso dell’isola: il JW Marriott Emerald Bay, aperto al pubblico il 25 gennaio 2017.



Per cogliere l’essenza di questa struttura non si può prescindere dal suo progettista, e cioè il geniale hotel designer californiano Bill Bensley. Appena laureatosi all’Università di Harvard, è partito per l’Asia e dopo alcuni anni di lavoro a Hong Kong e Singapore, ha aperto un prestigioso studio a Bangkok nel 1989, seguito presto da una filiale a Bali nel 1990.
Con un team di 150 interior designer, architetti, paesaggisti, artisti e creatori di cose belle, lo studio Bensley ha dato vita a oltre 200 resort, hotel e palazzi in oltre 30 paesi.
Personaggio eclettico ed eccentrico, Bill Bensley è noto per curare personalmente ogni singolo dettaglio delle sue opere, ad esempio girando i mercatini delle pulci di tutto il mondo per acquisire opere ed oggetti da inserire nelle sue visionarie realizzazioni architettoniche. Inoltre Bensley viene considerato un paladino della sostenibilità ambientale, che si manifesta plasticamente nei suoi progetti, e che lui spera venga condivisa da tutta l’industria alberghiera, allo scopo di dare un contributo decisivo alla lotta agli effetti devastanti del cambiamento climatico.




Vox populi sostiene che quando gli è stata commissionata la realizzazione dell’Emerald Bay, Bensley abbia posto un’unica condizione: non avere limiti di budget. Ed a giudicare dalla sontuosità dell’opera, sembrerebbe che tale condizione sia stata accettata.
La narrativa progettuale di Bensley per questo sito altro non è che la fedele riproduzione di una immaginaria università francese del secolo scorso, intitolata al naturalista Jean Baptiste Lamarck. Tale ispirazione risulta evidente in tutto il resort, conferendogli davvero un’estetica armoniosamente stravagante. Ogni singolo edificio è stato modellato su un dipartimento accademico della “Lamark University”, e le sue 237 tra camere, suite, ville e case sono state concepite con l’intento di fondere le intuizioni artistiche dell’architetto con tutti i comfort della moderna ospitalità e con il servizio di classe offerto dal JW Marriott.






Anche gli spazi comuni, quelli esterni, il fronte mare, la viabilità pedonale, e persino le divise dello staff, si distinguono per essere stati ideati come se ci si trovasse realmente all’interno di un campus universitario, permeato di un’atmosfera un po’ di altri tempi, ma comunque resa unica dal genio e dalla sregolatezza di Bill Bensley.
Difficile, se non impossibile, trovare un posto simile nel resto del mondo. Una visita al JW Marriott Emerald Bay vale da sola come una reale motivazione per decidere di programmare un soggiorno a Phu Quoc. Quando? Naturalmente al momento di quella riapertura che tutti noi, turisti viaggiatori sognatori, giorno dopo giorno ed ogni giorno di più, aspettiamo con trepidazione.
Daniele Cugurullo