Marrakech, almeno una volta

Sono stata agente di viaggio per molto tempo, in un tempo ormai lontano. Un tempo in cui i villaggi vacanze erano un must fra gli amanti dell’ALL inclusive. Inevitabilmente sono finita anch’io nella rete: una settimana a Marrakech.
Mi informo sul clima, sulle escursioni e sul mare che non c’è. Per fortuna però ci saranno le piscine ed un sole caldo africano che cambierà la vita a una pallida rivierasca in un mese freddo come febbraio.

Partenza con nonchalance da Malpensa, oramai l’aereo mi fa un baffo, arrivo nella terrosa Marrakech. Trasferimento al villaggio come da programma cartaceo di decina di pagine, in cui si dettaglia a che ora si mangerà, che cosa si mangerà, i giochi aperitivo per chi berrà, i campi da golf per chi giocherà.

Il tempo del giorno d’arrivo non lo ricordo, ma quello della settimana di permanenza in Marocco chi se lo scorda?
Marocco, terra africana assolata e arida. Sette giorni di vacanza, cinque giorni di pioggia. Così non va bene. A golf non gioco, abbandono su un campo pratica il mio fidanzato (lo stesso di Parigi) e decido di organizzarmi.

Con un paio di ospiti italiani conosciuti al villaggio, chiamiamo un taxi e dall’oasi meravigliosa in cui si trova il villaggio, partiamo alla conquista della città misteriosa. Il taxista ci lascia fuori dalla Piazza Jemaa el Fna che lì per lì non sapevo esattamente cosa fosse. L’orario per accedere alla piazza è giusto perché avremo tutto il pomeriggio a disposizione, ma di giorno, la piazza è affascinante come vedere un negozio spento.

Chiediamo ad una guida locale autorizzata di accompagnarci nel famoso Souk della Medina. Un mercato grande, enorme, intricato. Viuzze, colori, odori, profumi, pertugi resi quasi inaccessibili per colpa della mercanzia appesa ovunque. Insomma, un vero e proprio bazar, d’altronde Marrakech è la capitale della manifattura marocchina. La guida ci marca stretti, conosce bene i turisti curiosi, sfido chiunque a passeggiare in autonomia senza perdersi!

Il mercato lo ricordo diviso per zone merceologiche: un milione di babbucce di cuoio, la zona dei tintori che appendono sulle teste dei passanti le loro matasse fradice di colore, quella dei tessuti dove non bastano ore per scegliere un caftano, quella del metallo con mille lanterne meravigliose che te le immagini già sulle terrazze liguri a illuminare le calde sere d’estate.

Borse di paglia, borse di stoffa, borse di cuoio. Montagne di spezie di ogni colore e sapore. Insomma, uno schiaffo alla globalizzazione e un inno alla manifattura che fa di Marrakech la capitale dell’artigianalità.

Ovviamente si entra nel Souk col sole senza accorgersi che pian piano lui sparisce lasciando spazio alle stelle. Ovviamente anche noi non facciamo eccezione, si esce di notte. Ovviamente era solo un’occhiata.

Finalmente si accende la piazza. Usciamo e facendo lo slalom fra le ombre e le persone che cominciano a gremire l’ampio spazio sterrato raggiungiamo un caffè al primo piano di una casa dalla cui terrazza si gode uno spettacolo unico, una terrazza a sbalzo sulla piazza Jemaa el Fna.

Il tè, rigorosamente caldissimo, dolcissimo, mentatissimo, viene servito in piccoli bicchieri di vetro marcati da ditate folkloristiche, tanto è buio, tanto qui va bene tutto. Ma parliamo della piazza: come si fa a descrivere la meraviglia della piazza? Ci provo. Migliaia di persone costituiscono uno spettacolo meraviglioso, unico e variopinto. Incantatori di serpenti si mescolano a sedicenti dentisti che espongono le loro reliquie e gli strumenti del mestiere. Venditori di acqua fresca mesciano da borracce di pelle di cammello fatte a mano, che al confronto le termiche made in China di oggi sembrano astronavi.

Banchetti da sagra offrono le migliori leccornie del food and beverage. Sono stata molti anni fa, quindi sicuramente oggi i protocolli di sicurezza anti tutto, obbligheranno ad usare bicchieri monouso. Giuro che ho visto offrire arance spremute in bicchieri di plastica risciacquati in catini di acqua color fango.

La luce dorata delle lanterne avvolge questo circo umano unico al mondo. Sui tetti si osservano nidi di cicogne che pochi di noi hanno mai avuto la fortuna di vedere dal vivo. Si diventa spettatori inconsapevoli di una delle opere uniche più interessanti del Marocco. Intanto dalla vicina Moschea della Koutoubia rimbomba il canto del Muezzin, colonna sonora ideale per vivere con emozione profonda questa esperienza nella piazza più famosa del mondo arabo. Una sera qui, è davvero un viaggio nel tempo, avvolti dal mistero del Magreb che da vita ai racconti esotici delle favole.

Il calesse al calare del sole completa questa giornata incantevole, un film. Nessun altro commento, lascio immaginare a voi che leggete, l’atmosfera, la luce dorata che ci avvolgeva, mentre il calesse andava incontro al sole quasi spento in un contorno di monti dalla terra rossa come il tramonto.

Si rientra per cena al villaggio, una doccia veloce, mezzo spettacolo e la voglia di sognare. Nei due rari giorni di sole, godersi la piscina in effetti è stato un privilegio. Le palme sono ombrelloni meravigliosi che agitandosi al vento secco del deserto regalano refrigerio, un bel contorno da cartolina e capelli lisci come la seta.

Sicuramente pur avendo un tipo di ristorazione curata, una sera decidemmo di uscire a cena. Dopo aver selezionato dall’allora Gente Viaggi, un locale descritto al pari di un ristorante stellato, prenotiamo nuovamente un taxi e partiamo affamati e vestiti da sera. Destinazione la Medina, Dar Yacout.

Il taxi ci lascia all’ingresso della Medina, camminiamo per un tratto a piedi ammirando l’architettura dei Riad con finestre adornate di grate in legno che permettono di guardare senza essere visti. L’abito da sera è scintillante, i tacchi non sono proprio l’ideale ma quando mi ricapita una serata così?

Giunti a destinazione iniziamo un viaggio nel viaggio: una scala di mosaico e piante illuminata da candele conduce al piano piscina, anch’essa di mosaico con lanterne, fiori e piante in ogni dove. Improvvisamente mi trasformo in Sharazad.
Credo sia stato per me, uno dei ristoranti più belli mai visti. Le fontane con i petali di rosa fluttuanti fanno da sfondo a mariachi locali che ci intrattengono delicatamente durante la cena. A distanza di molti anni, conservo ancora il ricordo delle portate, piatti squisiti. Davvero una serata da Mille e una Notte.

La settimana trascorre veloce, nonostante la pioggia. Tentiamo una escursione a Ouarzazate. Arrivare non è stato uno scherzo. Si parte in pullman all’alba attraversando piccoli villaggi berberi isolati e fascinosi. Famigliole a dorso di muli, si spostano su strade asfaltate. Marrakech è tutto un contrasto, il mondo antico col moderno, il baratto e la carta di credito, un mulo contro il motorino, strade sterrate contro ferrovie modernissime e puntuali.

Il pullman si inerpica in cima al mondo, viaggiando su tornanti che ricordano Lo Stelvio. Raggiunti i 2260 mt del passo Tizi N’ Tichka ovviamente innevato, si scende verso l’infinito deserto pietroso, avamposto del deserto serio, quello fatto di dune impalpabili e disegnate dal vento color caramello. Visitiamo la Cinecittà del deserto presahariano, pittoresco e arido con le sue case di creta. Veniamo accolti dalla gioia di bambini felicemente liberi che giocano per strada con giocattoli inventati.

La settimana più amata dagli italiani giunge al termine. Lasciamo il villaggio anche un po’ a malincuore. Lasciamo soprattutto Marrakech ma in realtà è difficile lasciarla.

Sveglia all’alba, pulmino pronto, si torna a casa. Per un attimo mi passano nella mente tutti i colori, tutti gli odori, tutti i profumi come un vortice veloce, una girandola di sensazioni.

Mentre cammino lentamente sulla pista dell’aeroporto Menara, senza fretta di salire sull’aereo, mi fermo un istante, mi volto verso un accenno di città che mi saluta da lontano e senza distogliere lo sguardo dico a voce alta: io in questo posto ci torno.

Pochissimi anni dopo, ho mantenuto la promessa, felice e consapevole di cosa avrei ritrovato, mi sono goduta l’incanto di Marrakech col sole, tutti i suoi profumi, senza villaggio e senza orari. Proprio come piace a me.

Cristina Briano

Viaggiatrice